Giuliano Briganti

Mino Maccari

Mino Maccari
Siena 1898-Roma 1989
 
Giorgio de Chirico travestito da Amleto e Cipriano Efisio Oppo
Tempera e inchiostro di china su carta stampata al retro, mm. 240x346
Al retro del disegno, eseguito su una pagina di libro strappata, si legge un indice a stampa che si riferisce ad un Elenco delle tavole e, in fondo, il riferimento editoriale:  DOCUMENTO EDITORE, ROMA
Firmato a destra in basso: Maccari
Non datato ma 1943
 
 
Bibliografia: Mino Maccari 1898-1989 “il genio dell’irriverenza”. Mostra antologica 1921-1989, catalogo della mostra con presentazione di Giuliano Briganti (Lugano, Villa Malpensata), Firenze 1992 p.163 n.27 ill (riferito al 1931); I Maccari di Maccari, catalogo della mostra a cura di Marco Vallora, (Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco) Milano 2009 p.117 (riferito al 1934)
 
 
Questa tempera, eseguita da Mino Maccari dietro un foglio di carta stampata strappato da un libro con un frammento dell’indice di un testo, raffigura la caricatura di due artisti. A sinistra Giorgio de Chirico travestito, forse da Amleto, trattiene, al suo interno, una testa o più probabilmente un teschio. Sulla destra un altro uomo, dall’espressione piuttosto arcigna, lo abbraccia. E’ Ubaldo Efisio Oppo. La tempera fu esposta la prima volta alla galleria dell’Oca di Luisa Laureati Briganti a Roma nel giugno-luglio 1976. In questa occasione non fu stampato un catalogo ma solo un dépliant, sommario, con l’elenco, senza titolo ma solo con le misure, delle quaranta opere esposte. La mostra, dal titolo Dux, riprendeva quella organizzata da Mino Maccari nella sua casa del Cinquale l’11 agosto 1943. 
La seconda volta questa tempera venne esposta nel 1992 a Lugano ad una mostra dedicata a Mino Maccari presentata da Giuliano Briganti e in quella occasione illustrata con la data 1931. Più tardi, nel 2009, nel catalogo di un terza mostra, fu datata 1934. 
L’opera deve invece datarsi al 1943 poiché la carta strappata sulla quale la tempera è stata eseguita è un frammento della pagina dell’ALBUM di Mino Maccari stampato, con trenta tavole numerate e firmate dall’artista, in 89 esemplari presso La Stamperia L’Ancora di Siena per conto dell’Editore Documento di Roma, nel 1943, come si vede bene dalla riproduzione del frontespizio di tale Album pubblicato in L’arte satirica di Mino Maccari ne Il Selvaggio (1924-1943), catalogo della mostra a cura di Cinzia Bibolotti  e Franco A. Calotti, Forte dei Marmi (Museo della satira e della caricatura) 2009 p.15. Evidentemente Maccari utilizzò il primo foglio di carta che si trovò sottomano, forse una prova di stampa e di colore non soddisfacente, ed eseguì questa caricatura dei due pittori proprio nello stesso anno in cui usciva il suo volumetto in 89 copie presso l’Editore Documento di Roma. L’8 agosto 1943, circa due settimane dopo la caduta di Benito Mussolini (25 luglio) e l’avvento del Governo Badoglio, Maccari cominciò a preparare la sua mostra Dux che si sarebbe tenuta nella casa del Cinquale. Giuliano, in quei giorni d’estate del 1943, si recò in visita da Roberto Longhi nella villa di Marina di Massa e, come scrive in un articolo de “la Repubblica” del 27-28 giugno 1976 (Tra i pini al Cinquale pochi amici a vedere i suoi quadri), incontrò anche Mino Maccari che, il giorno dopo, andò a trovare, nella sua casa al Cinquale. In quella torrida estate Giuliano, come ricorda lui stesso su “la Repubblica”, scriveva su Il Popolo di Roma, il giornale diretto da Corrado Alvaro. Caporedattore de Il Popolo di Roma era Vittorio Gorresio e a Gino Visentini era affidata la parte della cultura. Giuliano vi avrebbe recensito la mostra di Mino Maccari, Dux, che si era aperta l’11 agosto. E’ dunque probabile che sia la recensione che l’incontro con Maccari siano nati casualmente in occasione della visita a Roberto Longhi. Le opere della mostra del 1943, inventata da Maccari per i pochi amici che sarebbero andati a vederla, raccontavano, con la solita ironia dell’autore, tutti i personaggi del regime e della cultura di allora, da Oppo, appunto, a Papini, a Carena.
Non sappiamo esattamente a quale avvenimento, a quale conflitto, Maccari si riferisse raffigurando, in questa tempera, De Chirico sotto le spoglie di un guitto, forse di Amleto, con il teschio che gli fa compagnia, di fronte ad Oppo che sembra abbracciarlo ma in realtà lo scruta, arcigno. Possiamo fare solo qualche ipotesi sul significato della contrapposizione De Chrico-Oppo.
Nel 1931 era accaduto un avvenimento molto importante nella vita di De Chirico: Ubaldo Efisio Oppo, pittore e uomo di cultura del regime, uomo di fiducia di Benito Musssolini, era il Segretario Generale della Quadriennale di Roma e questa del 1931 era la prima edizione della mostra romana. Furono scelti cinquecento artisti. Una commissione- formata da Oppo stesso, Carlo Carrà, Arturo Dazzi, Margherita Sarfatti, Ardengo Soffici, Orazio Amato e Enrico di San Martino Valperga- fu incaricata poi della selezione degli artisti e dell’assegnazione delle sale personali. Tra questi, tra gli artisti viventi, furono scelti: Amerigo Bartoli, Felice Carena, Carlo Carrà, Felice Casorati, Ferruccio Ferrazzi, Romano Romanelli, Mario Sironi, Carlo Socrate, Ardengo Soffici, Arturo Tosi. A loro furono assegnate sale personali. Giorgio de Chirico, nonostante l’insistenza della Sarfatti che voleva dedicargli una sala personale, fu scartato. Per De Chirico fu un grande dolore e lo scrisse esplicitamente, in una lettera a Benito Mussolini, il 18 febbraio 1935: “Quattro anni or sono alla prima Quadriennale, non fui nemmeno invitato.” (in, Marcello Fagiolo dell’Arco, Giorgio de Chirico. Gli anni Trenta, Milano 1995 p.171). Forse Maccari con questa tempera ricordava quell’antico rancore tra i due artisti o si riferiva a qualche avvenimento più recente?
Eppure nella collezione di Oppo si trovava una bella Natura morta di De Chirico con dedica dell’autore. Tra il 6 e il 7 agosto 1943, nei giorni in cui Maccari pensava alla sua mostra, a pochissimi giorni dalla caduta di Mussolini del 25 luglio, Stefano Cairola, un bravissimo mercante del tempo, aveva venduto, su incarico di Cipriano Efisio Oppo, tre opere della sua collezione, quelle di maggior valore. Tra queste, accanto ad un’opera di Scipione e ad una di Carrà, c’era proprio la Natura morta di Giorgio de Chirico che lo stesso autore, non sappiamo in quale anno, aveva donato e dedicato ad Oppo. De Chirico sul dipinto scriveva: A Oppo con stima e riconoscenza (in, Cipriano Efisio Oppo, pittura disegno scenografia, catalogo della mostra a cura di Francesca Romana Morelli e Valerio Rivosecchi Roma, musei di Villa Torlonia, 2015 pp.190-192). E’ la figlia del pittore, Eugenia Oppo, a ricordare questo fatto. 
 
 
Laura Laureati
gennaio 2016