Giuliano Briganti

Pietro da Cortona

Pietro Berrettini detto Pietro da Cortona
Cortona 1596-Roma 1669
 
Aurora rapisce Cefalo
penna, biacca e bistro su carta, mm. 274 x 420
reca in basso a destra T.H., iniziali della collezione di Thomas Hudson
al retro a matita: P.da Cortona
 
Provenienza: Londra collezione Thomas Hudson (1701-1779) come da monogramma T.H. (In Frits Lugt, Les marques de collections de dessins & d’estampes, Amsterdam 1921 I pp. 267 e 452-453 n.2432; Idem, Supplément, La Haye 1956 p.353 n.2432)
 
Bibliografia: Giuliano Briganti, Pietro da Cortona o della pittura barocca, Firenze 1962 p.322 (replica autografa del disegno di eguale soggetto della collezione Pallavicini); Giuliano Briganti, Pietro da Cortona o della pittura barocca, Firenze 1982 p.308
 
 
Il disegno raffigura il rapimento di Cefalo da parte della dea Aurora. La dea era destinata ad innamorarsi di una serie di giovani mortali. La sua passione per Cefalo, tanto più ardente in quanto non corrisposta, la indusse a trascurare il suo dovere quotidiano che consisteva nel guidare Elio attraverso il cielo e questo minacciava di scatenare il caos dell’universo. Fu Cupido a salvare la situazione facendo sì che Cefalo ricambiasse l’amore di Aurora. La dea è qui raffigurata mentre rapisce Cefalo. Il cocchio di Aurora attende tra le nubi circondato da amorini che simboleggiano l’amore.
Questo disegno proviene dalla collezione inglese di Thomas Hudson come rivela il marchio della collezione, T.H., posto in basso a destra. Frits Lugt (Amsterdam 1884 - Parigi 1970) che pubblica, fin dal 1921, i marchi delle antiche collezioni di disegni, spiega che la prima lettera, apparentemente una I, è, in realtà, una T inglese. Rileggendo le preziose note, stese quasi un secolo fa dallo studioso olandese, apprendiamo che Thomas Hudson (1701-1779), nato nel Devonshire, è stato un famosissimo ritrattista inglese e un noto collezionista non solo di disegni e stampe, ma anche di dipinti, terrecotte e bronzi. Allievo e figliastro del pittore Jonathan Richardson il vecchio, era amico di artisti come William Hogarth, Francis Hayman e Joseph van Haecken. Con quest’ultimo nel 1748 fece un viaggio a Parigi e nei Paesi Bassi. Alcuni anni più tardi, nel 1752, con Louis - François Roubillac, scultore francese attivo in Inghilterra, compì il viaggio in Italia. Morì nel 1779 a Twickenham. Alla sua morte la collezione di disegni e stampe fu messa in vendita a Londra da Langford. La vendita si svolse dal 15 marzo di quell’anno e per i successivi undici giorni. Il 3 marzo erano stati già venduti, sempre da Langford, ottanta quadri e quattro sculture della raccolta (Frits Lugt 1956 p.353 n.2432). In un secondo tempo, alcuni anni dopo, furono venduti, questa volta da Christie, il 25 e 26 febbraio 1785, quadri, bronzi, terrecotte, pochi disegni- tra questi uno di Rembrandt, uno di Guercino, uno di Canaletto, uno di Wilson- e alcune stampe.
Frits Lugt, a proposito della vendita della collezione di disegni e stampe, scriveva che le descrizioni sommarie del catalogo di Langford non permettevano di comprendere appieno il contenuto della raccolta. Lo studioso proseguiva sostenendo che, a giudicare dai disegni di buona qualità con il marchio della collezione da lui stesso esaminati, si poteva credere alla sincerità della notizia di tono elogiativo contenuta nel catalogo settecentesco della vendita che così recitava: “ a collection selected with acknowledged taste, and forming, as it is presumed, a Cabinet of Drawings superior to any private collection in this Kingdom”.
Il disegno della raccolta Briganti, raffigurante il rapimento di Cefalo da parte di Aurora, è il prototipo di un altro, quasi identico nella composizione, conservato nella collezione Pallavicini a Roma. Il disegno Pallavicini era attribuito a Pietro da Cortona fin dal 1713, quando era citato nell’inventario Rospigliosi (Inventario della Guardarobba, e Palazzo dell’Ecc.mo S.Duca Gio Batta Rospigliosi…dalll’26 giugno 1713 n.396 come Flora e Zeffiro, in F. Zeri 1959 p.314); fu pubblicato, come opera di Pietro da Cortona, per la prima volta da Luigi Grassi nel 1947 (Luigi Grassi, Storia del disegno. Svolgimento del pensiero critico e un catalogo, Roma 1947 pp.135-136 tav.L (dubitativamente come: Venere che rapisce Fetonte), poi da Federico Zeri nel 1959 (disegno a penna e bistro lumeggiato a biacca su carta acquerellata, mm 266 x 377, in La Galleria Pallavicini in Roma, Firenze 1959 pp.45-46 n.45 e fig.45) e, infine, da Giuliano Briganti nel 1962 e nel 1982 (Giuliano Briganti 1962 pp.321-322 fig.288/56; Idem 1982 pp.307-308 fig.288/56). Lo studioso, nelle due diverse edizioni del volume (1962 e 1982), cita la versione del disegno di sua proprietà ma illustra soltanto, in piccolo, quella della collezione Pallavicini.
Esaminando la versione Pallavicini Giuliano Briganti trova una conferma all’attribuzione cortonesca anche nella presenza dell’incisione di Francesco Bartolozzi del 1776 che riproduce la composizione stessa come opera di Pietro da Cortona. Lo studioso sostiene che non si conosce nessun dipinto del Cortona con questo soggetto, ma che è noto che l’artista avesse affrescato una Aurora nella grande galleria della villa Benedetta, edificio costruito sul Gianicolo per volere dell’abate Elpidio Benedetti e distrutto durante l’assedio di Roma del 1849. Il disegno Pallavicini poteva avere qualche relazione con questa commissione riferibile, per i tempi della costruzione, alla tarda attività del Cortona.
Walter Vitzthum, nella durissima recensione del 1963 al volume di Briganti dell’anno precedente, stronca l’attribuzione a Pietro da Cortona del disegno della collezione Pallavicini, proponendo invece il nome di Giovan Francesco Romanelli (Walter Vitzthum, Reviews. Giuliano Briganti: Pietro da Cortona o della pittura barocca, in “Master Drawings” I,1963,2, pp.49-51, in part.p.51). Il critico sostiene inoltre che l’incisione del Bartolozzi del 1776 è semplicemente un’incisione da quel disegno e non è dunque una conferma attributiva. Per di più, secondo Vitzthum, il disegno Pallavicini non può essere un’opera tarda del Cortona perché non corrisponde stilisticamente ad opere di quel periodo. A suo avviso il disegno della collezione Pallavicini può essere forse opera del Romanelli. Lo studioso, nel suo breve scritto su “Master Drawings”, puntava l’attenzione solo sulle pagine finali del volume di Briganti (pp.261-304), quelle relative ai disegni del pittore, pagine alle quali l’autore aveva dato un titolo assai significativo: Traccia per un catalogo dei disegni. Briganti infatti non aveva intenzione di affrontare la pubblicazione del catalogo completo dei disegni dell’artista ma si era limitato ad una segnalazione di quelli più significativi e soprattutto di quelli preparatori per opere note. E quale fosse la sua intenzione ce lo racconta lui stesso nella nota introduttiva ai disegni, a p.260: “il catalogo che qui segue riguarda soprattutto i complessi maggiori o quegli appunti sicuramente riferibili a dipinti e ad affreschi e non ha affatto la pretesa di essere completo…Non si fa cenno dei disegni architettonici. Il Dr.Walter Vitzthum ha in preparazione un esauriente Catalogo dell’opera grafica di Pietro da Cortona alla quale dedica da tempo uno studio particolare.” Nella realtà Walter Vitzthum morì pochi anni dopo, nel 1971, e non ebbe il tempo di pubblicare quel catalogo completo dei disegni al quale stava lavorando.
Se comunque accettiamo l’ipotesi di Walter Vitzthum, profondo conoscitore di disegni cortoneschi e non solo cortoneschi (come sosteneva lo stesso Briganti), dobbiamo prendere in considerazione l’ipotesi che la versione della collezione Pallavicini possa appartenere al periodo giovanile di Giovan Francesco Romanelli, stilisticamente assai prossimo allo stile cortonesco degli anni Trenta. Il disegno della collezione Briganti invece, di qualità stilisticamente molto più alta dell’altro, si deve riferire proprio al Cortona, in particolare ai suoi anni giovanili. Inoltre, nonostante ne sia sconosciuta la provenienza originaria, possiamo immaginare che il Berrettini lo conservasse nel suo studio e l’allievo, Giovan Francesco Romanelli, lo avesse copiato come personale esercizio di formazione. Il prototipo di Pietro da Cortona si distingue dalla copia del Romanelli per un elemento architettonico ben definito, presente in basso a sinistra nel paesaggio. Il castello, o più genericamente l’elemento turrito, è disegnato con precisione nell’esemplare del Cortona, mentre è appena accennato nella derivazione del Romanelli.
L’ipotesi che questo disegno della collezione Briganti possa essere in relazione con la commissione dell’Abate Elpidio Benedetti (c.1610-1690), agente a Roma di Giulio Mazzarino, sembra decisamente da scartare. La villa, descritta con dovizia di particolari  dallo stesso committente Elpidio Benedetti celato sotto lo pseudonimo di Matteo Maier nel suo volume del 1677, fu progettata da Basilio e Plautilla Bricci e costruita tra il 1663 e il 1665 (Daniela Di Castro Moscati, L’Abate Elpidio Benedetti, in “Antologia di Belle Arti” 33-34, 1988 pp.78-79). La Galleria, lunga 130 palmi, fu ornata nella volta dall’Aurora del Cortona, il Mezzogiorno dell’Allegrini, la Notte del Grimaldi, vari chiaroscuri del Carloni e molti paesaggi del Laurenti (La Villa Benedetta descritta da Matteo Maier, Roma 1677, ed. cons. Villa Benedetta descritta già da Matteo Maier ed hora con nuova aggiunta aumentata da Gio. Pietro Erico, Roma 1694 pp.56-57). Sembra difficile che Pietro da Cortona, in quegli anni già malato, potesse aver eseguito questo disegno in vista di un affresco che avrebbe dipinto nella Villa Benedetta. La villa situata fuori porta San Pancrazio, è andata distrutta nel 1849 e di quelle decorazioni del Cortona, del Grimaldi e degli altri artisti (la stessa Plautilla Bricci eseguì un affresco nella volta con la figura della Felicità) non resta alcuna traccia. Inoltre questo disegno della collezione Briganti appartiene, senza alcun dubbio, alla produzione giovanile del Cortona e fu eseguito certamente intorno agli anni Trenta. Resta, per ora, misteriosa la sua destinazione.
 
Laura Laureati
Aprile 2015
 
Disegno della Collezione Pallavicini, attr. a Giovan Francesco Romanelli.